TRAMA:
La fine del '700: il Grand Tour del giovane barone borbonico Francesco Antonio si trasforma in una rocambolesca sequenza di avventure cui fanno da sfondo l'Italia e il Mediterraneo, la Sicilia e Malta, fino all'Egitto delle antichissime divinità teriomorfe e dei loro orripilanti misteri. Sulle tracce di un enigmatico ritratto di donna il barone di Santamaria di Calòria percorrerà i mari e gli Stati, in compagnia di preti avventurieri e bestemmiatori, di sbirri negromanti dall'ambigua bellezza, braccato dai sicari della Chiesa e dalle spie dell'Inquisizione. Rapimenti, duelli, le prime esperienze dei sensi. Dalle sabbie del deserto africano al ritorno nella città dorata dove ogni cosa ha avuto inizio, la Storia si fonde con l'Immaginario. Scorre davanti ai nostri occhi il racconto della Notte che incalza invano il Mattino e le sue rivelazioni: poiché sa che, quando infine li avrà raggiunti, non sarà in grado di riconoscerli.
LA MIA OPINIONE:
Ho avuto il piacere di leggere questo libro in un momento cruciale e particolarmente stressante della mia vita: l'ultima sessione estiva prima della laurea. Il caro Francesco mi ha tenuto compagnia tra un esame e l'altro, ha aspettato con me che arrivasse il mio turno per ogni interrogazione, ha viaggiato al mio fianco in autobus ogni giorno per un bel po' di giorni e, in tutto questo tempo, mi ha fatto sorridere, indignare, dispiacere, divertire. Il principale punto di forza di questo romanzo sta nella finzione letteraria che ne regge la trama e che rimanda davvero ai grandi classici della letteratura. Le idee del "ritrovamento" e del lavoro filologico sono geniali, soprattutto se applicati con strumenti moderni, nel 2016. A far da fil rouge alle avventure del giovane barone vi è un quadro misterioso che ritrae un'affascinante fanciulla che regge una freccia. Proprio il quadro è la causa dell'abbaglio di Francesco, nonché del suo incredibile viaggio che, a differenza di ciò che pensa suo padre, non ha niente a che vedere con il celebre Grand Tour. A rendere le avventure ancora più spassose e piacevoli da leggere vi sono i personaggi, tutti ugualmente straordinari. Il mio preferito in assoluto, in realtà, è un personaggio secondario: quello della madre di Francesco. L'ho adorata, con il suo linguaggio unico al mondo e le sue perle di saggezza. Ognuno di loro è un mondo a sé e Stefano Valente è riuscito a esprimerne appieno le caratteristiche, i trascorsi, gli amori, i desideri. Di questo romanzo ho amato la completezza, la scrittura scorrevole e accurata, le descrizioni evocative, la pertinenza dei dialoghi. Il barone dell'Alba è un libro che va letto perché è davvero ben scritto, perché racconta una storia che ha il sapore del passato e del passato ha rispettato lo stile, le tradizioni, il contesto. Leggendo, si ha la sensazione che l'autore non abbia inventato nulla e che ogni parola sia pura verità, e forse è proprio questo lo scopo della letteratura: illuderci che ogni cosa sia davvero possibile.
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