Esistono romanzi capaci di farti dimenticare che il loro autore è un autore emergente. Questo è uno di quelli.
Asia, Emma e Thomas sono fratelli. Orfani di padre, vivono con la madre Veronica in un condominio barese. Miro, figlio di Lorenzo, è il loro vicino di pianerottolo. I quattro ragazzi crescono insieme, dalle partite giocate nel cortile ai primi screzi e alle angherie subite da Emma. La ragazza, infatti, è quella che Asia definisce "la mia gemella buona": autistica, vive in un mondo tutto suo in cui la realtà risulta capovolta, forse più colorata, forse più sana. Il volto di Emma è lo stesso di Asia, fatta eccezione per le iridi bicolore di quest'ultima, eppure le due sorelle non potrebbero essere più diverse. Emma la dolce, Asia la pessimista, la difficile, la folle. Asia ha bisogno di un'intensa attività sessuale - ai limiti del patologico - per continuare a sentirsi viva, per mettere a tacere l'angoscia che le scorre sottopelle. Asia è innamorata da sempre del padre di Miro, Lorenzo, di un amore puro e platonico che non ha nulla a che vedere con lo sporco che sente dentro ogni qualvolta conceda il suo corpo a uno sconosciuto in un fetido motel di periferia. L'amore per Lorenzo rappresenta un angolo di pace e pulizia che niente e nessuno può intaccare: a lui dedica lunghe lettere, email, parole che non devono mai concretizzarsi, farsi reali. Accanto alla storia di Asia si svolge quella di Miro e Thomas, amici da bambini, separatisi col tempo a causa di un'incomprensione. Thomas vive per la televisione, per il suo eterno scorrere di immagini e colori. La televisione è, per lui, la vita senza possibilità di morte, l'infinito esistere, ed è per questo che vuole farne parte a tutti i costi. Fotografo per passione, viene ammesso ad un reality show "culturale", Art Marathon. Il programma televisivo diventerà per lui non solo il trampolino di lancio per entrare a far parte del mondo dello spettacolo, ma soprattutto un'opportunità di indagare se stesso, la propria sessualità e personalità, fino al tragico e inaspettato finale.
"Avevo un mondo di parole a disposizione, da staccare come chicchi d'uva nei filari delle mie domeniche d'infanzia dai nonni, avevo una moquette color vino e un cubo di pareti, uno spazio delimitato in cui sarebbe stato facile agire, avevo la forza cosmica del sentimento...Eppure restai nel mio. Mio silenzio."
Questo romanzo mi ha sorpresa, scioccata, commossa, emozionata. E' un romanzo maturo, scritto benissimo, scorrevole ed equilibrato; non ha assolutamente nulla da invidiare a libri di autori ben più famosi e quotati. Mi sono innamorata di questa storia sin dal primo capitolo, così avvincente da riportarmi alla memoria l'incipit delle Vergini suicide di Jeffrey Eugenides. Tracce di Eugenides si riscontrano un po' in tutto il romanzo, nel tipo di narrazione, nella particolarità delle immagini. L'idea del vicino di casa che osserva la vita dei tre fratelli fa un po' F. S. Fitzgerald ed è meravigliosa, oltre che resa con grande abilità. Ho apprezzato il cambio di narratore a metà libro, quando Asia diviene voce narrante al posto di Miro e viene poi ulteriormente sostituita da un narratore esterno e onnisciente. La scrittura, ben pensata e mai ostica, accompagna sapientemente una trama di per sé complessa che ben si presta a riflessioni e considerazioni sulla vita, sulla morte, sulle paure, sulla sessualità (qualunque sia la sua direzione). La luce giusta cade di rado, con il suo titolo suggestivo e accattivante, è uno spiraglio lasciato da una porta socchiusa, uno sguardo sulla vita di quattro persone che si incontrano, si perdono, si lasciano senza lasciarsi mai per davvero. Alla base, l'intensità e la complessità del legame fraterno, le sue ambiguità, il vero significato dell'amare e del donare tutto di sé. E' un libro che consiglio con il cuore e che con il cuore è stato scritto. Complimenti, Caterina.
voto: *****/5
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