ed eccoci qui con la seconda ed ultima parte del mio speciale dedicato ai film che mi hanno accompagnata per tutto il mese di agosto.
"Daisies" di Vera Chytilova (commedia drammatica, 1966)
voto: ****/4 e lode
Non saprei nemmeno come iniziare a raccontarvi questa meravigliosa pellicola surrealista della Chytilova, pioniera della new wave cecoslovacca dei primi anni '60. Si tratta di un film anti-comunista geniale nei costumi, nella fotografia, negli effetti, nella recitazione. Splendido il finale, con le due ragazze che, dopo la ribellione, si piegano al sistema nel tentativo di rimettere "insieme i cocci" (memorabile la sequenza dell'abbuffata e della successiva pulizia della sala) ma vengono comunque fatte fuori. La sceneggiatura, poi, è pura letteratura.
le due protagoniste si voltano a guardare i resti delle pannocchie che hanno divorato ed è questa, per loro, la prova tangibile della loro esistenza |
Piegatesi al sistema, tentano di rimettere insieme i pezzi e "tutto sarà pulito" |
Il sistema, tuttavia, si libererà ugualmente di loro. Imbottite di giornali, vedono l'immenso lampadario di cristallo staccarsi dal soffitto e precipitare sui loro corpi. |
"Sisters" di Douglas Buck (horror/thriller, 2008)
voto: */4
Questo è uno di quei film che potete risparmiarvi senza troppi rimpianti: a tratti truculento, inutile e banale. Due gemelle siamesi vengono separate e una delle due muore durante l'intervento. Muore la buona, naturalmente. Resta quella malvagia, Angélique, brutta come il debito nonché totalmente incapace di recitare OR di assumere un'espressione intelligente per un secondo almeno. Il ruolo dello psichiatra, poi, mi è totalmente oscuro (della serie: ma che te fumi?). Insomma, l'unico motivo che potrebbe spingervi a guardare Sisters è Chloe Sevigny, alias una delle donne più affascinanti al mondo. Per il resto...andate a farvi una pizza, piuttosto. Ah, dimenticavo di dire che dovrebbe essere il remake dell'omonimo film di Brian De Palma. Ehhh, caro Douglas! Anch'io vorrei essere il remake vivente di Cesare Pavese ma è che, vedi, proprio non mi riesce.
"A casa nostra" di Francesca Comencini (drammatico/thriller, 2006)
voto: **/4
Partiamo da un presupposto: a me, la Comencini, non piace neanche per niente. Comunque il film è ben fatto, per carità, scorre e non dà problemi se non fosse per un'unica, enorme, difficoltà: Laura Chiatti. Ragazzi, io Laura la odio dai tempi di Ho voglia di te e non mi è più passata. E' come una malattia: vedo Laura e penso "il cinema italiano fa schifo". Papale papale. E poi, santoddio, ha delle tette orrende. Sorvolando su tutto ciò, ci tengo a sottolineare che Valeria Golino, pur non essendo assolutamente un'attrice da oscar, dà qui il meglio di sé (come anche nel meraviglioso Respiro di Emanuele Crialese). Il guaio principale di questo film, oltre a Laura Chiatti, è che è confuso. Intricato. Troppa carne a cuocere e gran parte di quella carne è stra-banale: la classica modella che si fa il classico politico che viene intercettato dalla classica brava figliola che crede nella legge ma sta perdendo la fiducia nel sistema. Una spolverata di cocaina e il gioco è fatto. Nulla di nuovo sul fronte occidentale, dunque. Serenamente dimenticabile.
"Viaggio d'estate" di Richard Loncraine (commedia, 2009)
voto: ***/4
Ora, io non capisco assolutamente perché questo film non abbia avuto successo in Italia: è divertente, arguto e recitato benissimo. Ritroviamo una Renée Zellweger al meglio di sé, il Mr Big di Sex and the city e un Logan Lerman poco più che adolescente (mi sono innamorata di lui con Noi siamo infinito e non lo dimenticherò tanto presto). Il film narra liberamente un episodio della vita del celebre attore George Hamilton: il viaggio con sua madre e suo fratello attraverso l'America. Viaggio che, tra l'altro, lo condusse dritto tra le braccia della sua carriera d'attore. Procuratevi il dvd, preparate i popcorn al microonde (io, personalmente, ho il terrore degli scoppiettii che fanno in padella) e riscoprite questo bel film ingiustamente finito nel dimenticatoio.
"Spring Breakers" di Harmony Korine (drammatico, 2012)
voto: ***/4
Ho già parlato di questo film in un mio post precedente indi per cui non aggiungerò nient'altro. Vi ricordo che a breve dedicherò un intero articolo a questo film su Prudence Magazine: stay connected.
"Le amiche" di Michelangelo Antonioni (drammatico, 1955)
voto: ****/4
Leone d'Argento a Venezia nel '55, Le amiche è una delle opere più travagliate e travolgenti del Maestro. Il film è una radiografia esatta della psicologia femminile in ogni suo aspetto: la donna viene vista nei suoi rapporti con se stessa, con l'uomo e, in particolar modo, con le altre donne. Il titolo, così fortemente definitivo, mette in luce l'aspetto dell'amicizia femminile, un'amicizia in cui amore, odio e ipocrisia si mescolano con l'invidia, con l'attrazione reciproca e con l'inevitabile competizione in ogni campo della vita. Mi viene in mente una citazione terribile di Irène Némirovsky: "Non si ama un uomo per lui stesso, ma lo si ama contro un'altra donna." (in Il vino della solitudine).
Momina: "Va' a vedere che stasera succede il miracolo."
Clelia: "Che miracolo?"
Momina: "Che ci divertiamo."
"Anatomia di un omicidio" di Otto Preminger (drammatico/giallo, 1959)
voto: ***/4
Io amo James Stewart. Lo amo in maniera intima e viscerale (mia sorella, ogni volta che me lo sente dire, se ne esce con un "Tanto è morto, immaginatelo com'è adesso nella bara") e in questo film è semplicemente immenso, come suo solito. La trama è semplice e lineare: lei dice di essere stata violentata, lui uccide l'aggressore e James Stewart lo difende in tribunale. Niente di che, direte voi. La grandezza di questo film, infatti, è nei dettagli, nell'amore che l'avvocato Paul Biegler nutre per la Legge (trascorre le sue serate sfogliando libri di giurisprudenza con un suo collega alcolizzato) e, al tempo stesso, nella sua calcolata freddezza. Biegler sa perfettamente che l'accusato è colpevole e tuttavia riesce a scagionarlo poiché avrebbe agito sotto l'effetto di un "impulso irresistibile". Cavilli da Azzeccagarbugli, insomma. L'intento di Preminger, infatti, non è quello di dividere il giusto dallo sbagliato: come da titolo, il regista vuole analizzare scientificamente il delitto, il prima il dopo e il durante, senza alcun insegnamento morale da trasmettere. Ed è qui, la grandezza di questo film.
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